L’economista: ponte tra gli ultimi e la politica

Maggio 18, 2023 Categoria: ,

Un incontro denso di contenuti profondi, una esposizione coinvolgente, pensata appositamente per un pubblico di giovani liceali: queste in una prima sintesi le caratteristiche della conferenza tenuta dalla dott.ssa Chiara Subrizi – economista presso il MEF, Ministero dell’Economia e delle Finanze, e membro del gruppo Economy of Francesco – a cui hanno potuto assistere nella mattinata di giovedì 11 maggio gli studenti delle classi Quinte dei Licei.

L’economista come ponte tra gli ultimi e la politica

La dott.ssa Subrizi ha iniziato il suo percorso espositivo da una domanda, rivolta direttamente ai ragazzi – con un metodo interattivo e partecipativo che è stato mantenuto nel corso di tutta la conferenza – ovvero “chi è un’economista?”. Raccolte e discusse le risposte dei ragazzi, la relatrice ha esposto la sua idea di cosa debba essere e di cosa si debba occupare un economista:

1) l’economista deve portare la politica a conoscere meglio i problemi che vivono i cittadini e quali possono essere le vie per dare una risposta a questi problemi;
2) allo stesso tempo, l’economista porta la voce dei cittadini alle istituzioni pubbliche;
3) tra questi, in particolare deve portare la voce di chi è scarsamente ascoltato o rappresentato: persone che non hanno una voce in capitolo, quelli che difficilmente sono rappresentati sui tavoli in cui si prendono le decisioni: gli ultimi.

“Chi sono gli ultimi?”

Sempre continuando il dialogo con gli studenti, la dott.ssa Subrizi ha quindi chiesto loro cosa si debba intendere con l’espressione “gli ultimi”, andando poi ad individuare negli ultimi soprattutto i giovani (dato ISTAT 2020 su povertà giovani), i migranti, chi non ha una casa o non ne ha una dignitosa (11% in Italia), gli sfruttati sul posto di lavoro (che spesso sono proprio giovani e migranti), prime vittime di “una economia che uccide”, secondo le parole di papa Francesco.


Una storia di incontri / la storia di un incontro

Ripercorrendo la propria storia personale, in una esposizione che si fa testimonianza ed unisce vita e lavoro, teoria e prassi, ideale e realtà, la dott.ssa Chiara Subrizi condivide la radice ultima della sua idea di economista come ponte tra la politica e gli ultimi. Questa idea matura grazie ad un incontro:

“quello con le ingiustizie e le persone che le subivano… Ingiustizie che sono fenomeni globali (le disuguaglianze sono aumentate con la globalizzazione) ma che alla fine hanno due occhi e un volto… Volti che tutti noi nelle nostre città possiamo incontrare…
Incontri che alla fine sono
un incontro, quello con Gesù che dice ‘ero straniero e mi avete ospitato…’ (Matteo 25,35-37 ). Il primo incontro è stato quello con le ingiustizie del mio tempo, quando avevo la vostra età e dovevo scegliere cosa studiare. Facevo il Classico, non sapevo nulla di economia, era il 2011: la crisi finanziaria, la guerra in Siria… Come erano collegate?

E poi altri incontri e momenti di crisi, e di ripartenza:

“Lo studio a Milano, la scoperta dell’economia dello sviluppo, vado a Barcellona… Fatica… Per eccellere, stavo perdendo me stessa… Faccio un secondo incontro: quello con i senza fissa dimora. Lì capisco meglio cosa volesse dire fare l’economista: ero a contatto con i problemi reali delle persone, mentre sentivo che quello che stavo vivendo nelle aule dell’università era una completa alienazione dalla realtà, dalla vita reale… Quell’economia che mi veniva insegnata non la sentivo mia, perché i ritmi che venivano richiesti erano così massacranti da farti perdere te stesso con l’illusione di aver conquistato il mondo intero… La crisi e la ripartenza da San Damiano (Assisi), la partenza per l’Argentina, dove passo 3 mesi con bambini e ragazzi vittime di abusi, è lì ritrovo la cosa più importante di tutte: la gioia del servire e del sentirsi amati, che non ha eguali… Ma proprio da lì, in un’esperienza così lontana dal mondo da cui venivo, inizio a capire che non dovevo lasciare tutto e rinunciare a fare l’economista, ma dovevo trovare il mio modo di fare l’economista…”

L’incontro con le istituzioni

“La risposta me la dà il Signore perché il giorno in cui prendo l’aereo per tornare a Bruxelles ho il mio terzo incontro: quello con le istituzioni, ma anche con tanta disuguaglianza e distanza tra i funzionari e i problemi delle persone. Cosa posso fare io? Come posso mettere insieme quello che ho vissuto in Argentina, la gioia del servizio agli ultimi, e quello che vivo a Bruxelles, la realtà di istituzioni spesso lontane da questi ultimi? Posso fare da ponte tra questi due mondi proprio facendo l’economista e mettendomi a servizio delle istituzioni per raggiungere anche quegli ultimi, quei poveri che di persona non potrò mai incontrare con le mie sole forze ma a cui invece c’è qualcosa che può e deve arrivare che è la politica cioè il servizio alla comunità tutta…”

E infine, l’ultimo incontro:

Ma l’incontro più bello degli ultimi anni che mi ha mostrato il volto vero dell’economia è stato quello con il gruppo Economy of Francesco, che è innanzitutto una comunità internazionale, 3000 persone da 120 Paesi diversi: imprenditori, economisti e change makers (chi elabora un pensiero economico e chi lo mette a terra ). È un insieme di chiamate personali che sono diventate una chiamata sociale. EoF mi ha permesso di capire che c’erano altri giovani come me che insieme a me volevano disegnare un’economia che partisse dall’incontro con gli ultimi. La missione che ci ha lasciato il Papa è trasformare questo sistema economico che sta fallendo – e che stia fallendo lo vediamo anche solo dal fatto che passiamo da una crisi economica a un’altra. Per trasformarlo, papa Francesco ci ha lasciato due paradigmi in due encicliche fondamentali: quella sull’ecologia integrale e quella sull’amicizia sociale, o in termini socio-economici, la cooperazione tra tutti gli attori di una società.

Una buona pratica

A questa vera e propria testimonianza, preziosa per gli studenti in una fase di “scelte” propria della loro età, è succeduta quindi l’esposizione di una applicazione pratica, in ambito economico, dei principi di una ecologia integrale, riportando uno dei progetti portati avanti dalla rete internazionale NO CAP, associazione nata nel 2011 dall’iniziativa di Yvan Sagnet come movimento per contrastare il “caporalato” in agricoltura e per favorire la diffusione del rispetto dei diritti umani, sociali, e dell’ambiente.

La dott.ssa Chiara Subrizi ha mostrato il problema della filiera agricola estesa – che è insostenibile per l’ambiente e per alcuni dei soggetti più deboli della filiera stessa, e che si caratterizza per una insufficiente trasparenza nei dati, nelle informazioni e nelle relazioni che la regolano.

In generale poi questa filiera si basa su di un vero e proprio paradosso: chi fa il prezzo non è chi produce, ma chi compra, ovvero la GDO (grande distribuzione organizzata) che oggi controlla il 75% di cibi e bevande venduti sul mercato, mettendo al sicuro i propri ricavi, ma generando una guerra tra poveri dal lato della produzione, tra braccianti e piccoli produttori, e così anche dal lato del consumo, dove i consumatori più poveri sono più facilmente complici dello sfruttamento di altri poveri.

In questo sistema l’aumento dell’immigrazione e l’eccessiva polarizzazione all’interno mercato del lavoro ha fatto sì che si creasse un perfetto esercito industriale di riserva per il comparto agricolo, in cui le industrie alimentari formano cartelli per imporre un salario troppo basso, il salario di piazza. Il mercato del lavoro è a volte intermediato nell’illegalità dai “caporali”, che assoldano per conto dell’imprenditore braccianti agricoli disoccupati, con retribuzioni inferiori a quelle contrattuali e senza versamenti previdenziali, trattenendo una percentuale direttamente dal salario dei braccianti perché sono loro che decidono chi lavora e chi no.

Usando l’ecologia integrale e la cooperazione tra tutti gli attori della filiera, NO CAP ha dimostrato che si può invertire la rotta, facendo da soggetto facilitatore presente in tutte le fasi della produzione. Nel caso per esempio dei pomodori dalla raccolta, alla loro trasformazione in passata nelle imprese, alla distribuzione ai supermercati. Nella filiera con il bollino NO CAP sono i produttori a fare il prezzo e non più la GDO e grazie all’intermediazione di NO CAP i produttori sono pagati al giusto prezzo, i distributori (i supermercati) hanno garantito un giusto margine e i lavoratori hanno un salario equo, condizioni di vita e lavoro umane grazie a un controllo dall’interno di tutte le dinamiche della filiera e un contatto diretto con i lavoratori e i sindacati nelle varie fasi produttive.

Non solo, questi prodotti sono integralmente ecologici perché prodotti nel rispetto della Terra (biologici, senza sfruttamento di animali e con un ciclo di rifiuti ad impatto zero) e dell’uomo (nessuno viene sfruttato) e per di più anche i consumatori possono acquistare un prodotto buono, pulito e giusto ad un prezzo equo, in linea con quelli di mercato.

Applicando i due principi che dicevamo prima – l’ecologia integrale e la cooperazione tra gli attori della società, in questo caso della filiera – in soli 3 anni (dal 2017 al 2020) questo sistema ha tolto dalle mani dei caporali 700 lavoratori e coinvolto 20 aziende agricole e più catene di supermercati.