La Casa de Tuty

Marzo 7, 2023 Categoria: ,

È con una serie intensa di abbracci – abbracci “speciali”, che non si vedono tutti i giorni, abbracci in cui si mescola commozione, stima, affetto, vicinanza, riconoscenza reciproca – che si è concluso l’incontro tra le ragazze e i ragazzi della Scuola Secondaria di I Grado e Judith Villalobos, direttrice del CAEF, Centro de Atención y Educación de la Familia, a Trujillo, in Perù, con la presenza dei docenti referenti, del coordinatore didattico prof. Antonio Bertolotti, di p. Alessandro Viano SJ e di Francesca Calliari, presidente dell’associazione Compagnia del Perù, che con il CAEF lavora in stretta e quotidiana sinergia.

Ne riportiamo qui alcuni scatti fotografici, limitati ai delegati delle classi Terze, nel momento della consegna del grande assegno in carta, segno delle offerte raccolte dagli studenti a favore di “La Casa de Tuty”, una casa famiglia che accoglie bambini che hanno subito maltrattamenti e violenze in ambito familiare o che si trovano in stato di abbandono.

Il nome – “La Casa de Tuty” – rimanda al soprannome della fondatrice, “Tuty” appunto, ma si apre anche nella sua assonanza con l’italiano “tutti” ad un significato di inclusione e di apertura, a rappresentare che la casa è di ciascuno dei bambini che ci vivono e che essa è aperta a tutti.

Ed è proprio questa categoria di “apertura” che ci sembra contrassegnare la vita di Judith, anzitutto in quella “apertura di cuore” che dona “l’audacia dell’impossibile”, per riprendere le parole utilizzate da p. Arturo Sosa SJ, Superiore generale dei Gesuiti, nella lettera che annunciava l’Anno Ignaziano 2021-2022.

Inizia infatti proprio così – con questa apertura dal sapore ignaziano – la testimonianza di Judith:

Voglio anzitutto ringraziare Dio, perché grazie a lui è stata data alla mia vita una direzione che io non avrei mai pensato di dare. Io nella mia vita ero una persona normalissima, con una famiglia, con un lavoro, quando un giorno un sacerdote gesuita mi ha detto: «Perché non fai qualcosa per i bambini?». Io avevo già cinque figli, così l’ho guardato e gli ho detto: «Per favore no, basta, con i bambini ho già dato». Ma voi conoscete i Gesuiti, non mollano facilmente… Così ho detto va bene, cominciamo a vedere cosa si può fare, e ho iniziato a guardarmi attorno e a vedere la situazione dei bambini che vivevano attorno a me…

Come per Ignazio, qualcosa irrompe nella sua vita, qualcosa di nuovo, che lei ancora non conosce, ma che pure accoglie. E da lì, l’orizzonte si amplia: i viaggi in tutto il Perù, da nord a sud, per incontrare paesi, situazioni e persone, spedendo le sue qualità umane e professionali, fino alla creazione della casa famiglia di Trujillo.

È un racconto diretto, il suo, e la dolcezza della sua persona rende ancora più commoventi i fatti narrati, le storie di tanti minori giunti alla casa famiglia da situazioni drammatiche. Storie di riscatto, storie di salvezza tramite l’impegno, la preparazione e l’affetto.

Ci sono così anche queste emozioni nell’abbraccio finale con i ragazzi, nelle lacrime che rigano alcuni dei loro volti.

Grazie Judith!