A dieci anni dalla morte del card. Carlo Maria Martini

Agosto 31, 2022 Categoria: ,

Condividiamo qui sotto in esteso il testo di p. Antonio Spadaro SJ, proposto oggi sui social de La Civiltà Cattolica, nel decimo anniversario della morte del card. Carlo Maria Martini.

Rimandiamo inoltre al sito della Fondazione Carlo Maria Martini, dove si possono trovare numerosi contributi sulla figura del cardinale, oltre all’agenda degli appuntamenti previsti in questi giorni per celebrare la sua memoria.

Infine segnaliamo l’articolo “Alle radici spirituali dell’impegno sociale. L’eredità di Carlo Maria Martini” a firma di p. Giacomo Costa SJ, apparso per l’occasione sulla rivista Aggiornamenti Sociali.

 

«L’eredita pastorale del gesuita cardinal Martini affonda le sue radici nella sua vita spirituale. La spiritualità ignaziana – che può essere vissuta da ogni cristiano – ha nel discernimento la sua forza, ma quella specifica vissuta da un gesuita ha nell’obbedienza la sua spina dorsale.

L’obbedienza dei gesuiti al Papa non ha nulla di un cristianesimo servile e ossequioso. Il gesuita obbedisce perché il Papa, posto a capo della Chiesa, ha una visione più universale dei suoi bisogni: vede «oltre».

Il cardinal Martini mi ricorda che l’obbedienza si basa su una prospettiva sulla realtà più alta, capace dunque di ricevere persino missioni «eccessive».

Il gesuita è esposto all’eccesso non solo nel senso che può ricevere missioni difficili, ma nel senso che è chiamato, come dice il gesuita papa Francesco, ad avere un pensiero «incompleto» e «aperto», che «spinge la Compagnia ad essere in ricerca, creativa, generosa», aperta.

D’altra parte però, dice il Cardinale, sono gli esseri umani e i loro bisogni ad aver reso Ignazio di Loyola un visionario.

C’è dunque una visione dal basso, che nasce non dalle idee astratte, dai progetti apostolici, dai sogni…, ma dai bisogni, dal toccare con mano la carne del fratello. È il contatto con l’essere umano a rendere «visionario» un santo.

Ho sempre visto il cardinal Martini mosso da questa doppia «visione» che per me resta una sfida: dall’alto, ampia e universale; dal basso, che fa lo «zoom» sui dettagli e i singoli volti di ciascun essere umano bisognoso».

Antonio Spadaro SJ